La valutazione cognitiva
La valutazione cognitiva

La valutazione cognitiva prende in esame le funzioni corticali superiori ed in particolare la attenzione, l’orientamento, la memoria, il linguaggio, le funzioni esecutive (ossia la programmazione delle attività) e le funzioni prassiche (ovvero la successione delle attività).
La valutazione dello stato cognitivo dovrebbe essere effettuata sistematicamente nell’anziano in quanto esso influenza le prestazioni funzionali e quindi lo stato di salute del soggetto.
Un recente articolo del British Medical Journal prende in esame le funzioni cognitive dell’anziano e propone una scala di valutazione semplice e facilmente utilizzabile nel contesto delle cure domiciliari.
Le affezioni che più comunemente comportano problemi cognitivi nell’anziano sono la demenza, la depressione e gli stati deliranti.
1. La demenza interessa il 20% della popolazione sopra gli 80 anni,
2. il delirio può colpire fino al 50% degli anziani ricoverati e
3. gli episodi depressivi maggiori colpiscono ogni anno fino al 30% degli ultra 70 enni.
Si definisce “demenza” una sindrome clinica caratterizzata da difficoltà di memoria, disturbi del linguaggio, modificazioni psicologiche e comportamentali e talora sintomi psichiatrici, difficoltà di vario grado nella esecuzione delle attività quotidiane.
Per “depressione” si intende un disturbo psichico caratterizzato da abbassamento del tono dell’umore, perdita di interesse e di piacere nelle attività (anedonia), scarsa cura di sé, perdita di speranza per il futuro, pensieri tristi che possono talora giungere fino a desideri di morte.
Per “delirio” si intende una variazione rapida dello stato di coscienza con agitazione o sonnolenza, scarsa capacità di mantenere la attenzione e di interagire con l’ambiente, ideazione e linguaggio incoerente: esso generalmente insorge in pazienti con precedente deficit cognitivo che incorrano in episodi febbrili, si sottopongano a particolari stress (ricoveri, interventi chirurgici) od assumano farmaci psico-attivi.
La distinzione tra i diversi quadri è molto importante in quanto sia lo stato delirante che la depressione possono essere efficacemente curati con ripristino dello stato psichico-cognitivo antecedente.
Il medico di famiglia è nelle migliori condizioni per sospettare un deficit cognitivo, in quanto conosce da tempo il paziente ed il suo livello culturale ed intellettivo e può facilmente riscontrare una variazione delle prestazioni cognitive in un arco di tempo.
Come effettuare la valutazione cognitiva dell’anziano
Le prime, più importanti indicazioni ci giungono, come sempre, dalla osservazione diretta, che dovrebbe essere nel contempo minuziosa, accurata e discreta, in quanto i primi segni di declino cognitivo possono essere sottovalutati dai familiari che possono considerarli segni del procedere del tempo e “compensarli” all’interno del nucleo familiare, adattando la organizzazione della vita familiare al declino dell’anziano.
La attenzione del medico andrà focalizzata sul modo di presentarsi del paziente, sul suo modo di vestire, sulla cura di sé: il medico di famiglia è spesso in grado di cogliere il variare di queste caratteristiche in un arco di tempo e di sospettare un declino cognitivo.
Dalla fase di osservazione è opportuno passare ad una discussione aperta, senza toni inquisitori, ove il medico deve verificare se vi siano stati mutamenti nella vita quotidiana: forse il paziente dimentica scadenze ed appuntamenti, non ritrova oggetti riposti in sedi inusuali, smarrisce soldi o documenti, è soggetto ad infortuni domestici.
Si invita il paziente a parlare liberamente e si valuta tanto il contenuto quanto la organizzazione del discorso: con tatto e gradualità si devono ricercare disturbi della memoria, specie quella anterograda più precocemente compromessa, ma anche la memoria semantica (significato delle parole) e la fluenza verbale.
Il modo di esprimersi del paziente può essere poco chiaro, incoerente, interrotto da pause legate ad anomie e coperte con parole “passe partout” o da frasi fatte: può avvenire che il paziente perda più volte il filo del discorso e non ricordi più né l’argomento né il contesto.
Se clinicamente riscontriamo anomalie di questo tipo possiamo formulare una diagnosi di declino cognitivo e passare ad una valutazione del grado di declino e ad un diagnostica differenziale sulle cause.
Un importante supporto al medico viene fornito da alcuni test di valutazione molto affidabili ma che debbono sempre essere utilizzati a complemento della indagine clinica e non in sostituzione di essa.
I Test di valutazione cognitiva nella medicina pratica
Il test più usato e più ampiamente convalidato nel mondo occidentale è il Mini-Mental State Examination che tuttavia richiede una quantità di tempo non sempre disponibile nella medicina pratica ed è inoltre stato recentemente coperto da un brevetto che ne limita le condizioni d’uso.
Una importante novità ci viene dai colleghi australiani che hanno creato e validato un test molto semplice che ha una sensibilità e specificità diagnostiche (85% ed 86% rispettivamente) che sono raffrontabili con quelle del Mini-Mental, pur richiedendo meno di 4 minuti per il paziente e circa 2 minuti per il care-giver; si tratta del GPCog (General Practice Cognitive Test): date le sue caratteristiche favorevoli esso si è diffuso largamente nei paesi a lingua e cultura inglese.
Ne riportiamo la versione scaricabile in italiano.
Valutazione Cognitiva – modulo
La valutazione delle ipotesi diagnostiche fino alla diagnosi di ragionevole certezza può essere efficacemente riassunta in un semplice schema. Quando il medico, sulla base della valutazione clinica e dei dati forniti dal GPCog formula diagnosi di demenza deve anzitutto escludere che si tratti di una forma depressiva o di uno stato delirante e quindi ricercare accuratamente le forme di demenza secondaria, specie quelle correggibili (cause ormonali, neoplasie cerebrali benigne ecc).
Accertata la presenza di una demenza non secondaria vanno distinte mediante la indagine clinica, la diagnostica per immagini e la consulenza specialistica, le forme di Alhzeimer (50% circa), le forme Vascolari (25% circa), le forme miste, le demenze con corpi di Lewy (15%circa) e le forme meno comuni (demenze fronto-temporali, forme sottocorticali, ad es. secondarie a m. di Parkinson ecc.).
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